Abbiamo già affrontato in precedenza il tema del visual merchandising, descrivendo per sommi capi le principali caratteristiche di questa pratica e sottolineandone l’importanza soprattutto nel mercato attuale e nel campo della Grande Distribuzione Organizzata. In questo articolo andremo a scavare più a fondo nell’argomento, cercando di fare maggiore chiarezza sulle mansioni di quella che è la figura principale di questo tipo di strategia commerciale: il visual merchandiser.
Si tratta di un ruolo polivalente e multisfaccettato, in generale molto più complesso di quel che si può credere (non a caso viene spesso scambiato con la figura del vetrinista): non solo sistemare scaffali, quindi, ma anche disporre la merce, controllare gli stock, occuparsi di svariate pratiche di problem solving e – perchè no – magari anche offrire il caffè al repartista di turno… ma andiamo a vedere più nel dettaglio.
Il mestiere del visual merchandiser: trovare l’ordine nel caos
Essere un visual merchandiser può essere un mestiere caotico e sfiancante, ma per la gran parte delle volte riesce anche a regalare grandi soddisfazioni. Ogni mattino al suono della sveglia bisogna essere fisicamente e psicologicamente pronti a qualsiasi tipo di evenienza; l’inconveniente è sempre dietro l’angolo e la mail che annuncia un’immediata catastrofe è sembra perennemente imminente, soprattutto considerato il numero delle mansioni che si è tenuti a svolgere in assoluta fretta. Come se non bastasse, c’è anche la possibilità che le strategie studiate certosinamente fino alla sera precedente possano, per qualche motivo, non essere più valide il mattino successivo; il visual merchandiser deve quindi letteralmente farsi in tre e prepararsi a vivere una parte della giornata in ufficio, una seconda in viaggio e una terza – per la maggior parte, in realtà – direttamente sul campo, sia esso un negozio, la sede di un meeting aziendale o un qualsiasi evento fieristico.
La prima di queste tre sessioni quotidiane è forse la più importante dal punto di vista strategico: in ufficio, infatti, nascono tutte le strategie che andranno poi a definire il lavoro del visual merchandiser; i briefing e le riunioni creative con i colleghi, le sedute di brainstorming e quant’altro sono i momenti in cui i progetti prendono vita, o più che altro quelli durante i quali le idee dei clienti si trasformano in abbozzi di futura possibile customer experience. Fatto ciò, è fondamentale essere sempre pronti a viaggi e trasferte; lavorare on the road può essere motivo di arricchimento sia personale che professionale, soprattutto nel caso di viaggi all’estero; parte del mestiere del visual merchandiser è anche quello di sfruttare ogni singolo istante per carpire con i propri occhi cosa succede nel settore, così da individuare i punti sui quali andare a operare in futuro.
Visual merchandiser e lavoro sul campo: organizzazione e flessibilità
Questo ci porta alla terza delle eventualità quotidiane sopracitate, il cuore del lavoro in sé: il lavoro sul campo. Qui è dove la professione si sviluppa e si rivela in tutta la sua creatività, facendosi vera e propria visione; il proprio lavoro va così a modellarsi sui propri gusti personali e sulla propria sensibilità, sull’interesse del singolo individuo e – cosa più importante – sulle persone che incontriamo e conosciamo durante questo percorso. La natura di questo mestiere porta infatti ad un’urgente necessità di collaborazione con le più svariate figure di riferimento, siano esse store manager, buyer, fornitori o quant’altro: le capacità organizzative, la flessibilità e il pensiero laterale sono il pane quotidiano di ogni buon visual merchandiser, almeno tanto quanto la creatività e la capacità di comprendere nel lungo periodo le abitudini della clientela. Sono numerosi gli ambienti in cui questa professione si può svolgere, e vanno dalla catena di supermercati al negozio di fast fashion: inutile specificare che il focus del lavoro cambia radicalmente a seconda del proprio settore, anche e soprattutto sulla base del prodotto che viene venduto. Chiunque si ritrovi quindi all’inizio della sua carriera nel campo dovrà già avere un’idea piuttosto chiara per contribuire fin da subito alla discussione delle strategie di marketing da mettere in atto, o quantomeno un’attitudine naturale al lavoro in un determinato ambito; una delle sue responsabilità principali sarà infatti quella di rafforzare il brand engagement, seguendo quotidianamente – in costante contatto con i vari team di ogni singolo retail store – la movimentazione delle merci e la loro disposizione a livello visivo. In tutto questo è compreso l’utilizzo di eventuali espositori e lo studio della disposizione delle luci nel caso ve ne fosse la possibilità: ottica e obiettivi saranno quelli di massimizzare l’impatto commerciale ed artistico del prodotto che si intende vendere, cercando di mantenere sempre pieni gli scaffali della merce con più successo. Ciò implica un rapporto costante con le varie figure di riferimento in ognuno dei retail store che ci verrà affidato, dagli inventory manager agli stessi buyer, oltre che agli addetti di reparto.
Il visual merchandiser nella Grande Distribuzione Organizzata
Se più in generale questa professione ha grande importanza nel settore della moda e nell’ambito delle catene fast fashion, nel campo della Grande Distribuzione Organizzata il visual merchandiser si occuperà anche di food and beverage. Non confondiamo però il visual merchandiser con il vetrinista e con una figura che si occupa esclusivamente di “presentazione del prodotto”. Perché si dovrà adoperare nella massimizzazione di tutti quei criteri espositivi che possono aumentare le performance di ciò che è in vendita all’interno di un supermercato o di un negozio di alimentari; è cruciale sfruttare appieno le proprie istanze creative per dar luogo a un’identità precisa che valorizzi il brand, cercando di annullare qualsiasi formula che banalizzi o renda incoerente il prodotto sul quale stiamo lavorando. L’organizzazione di criteri d’esposizione validi e replicabili è quindi il primo degli obiettivi, ricordandosi sempre di comunicare i valori fondamentali che ogni cliente ricerca (nel ramo del food potrebbero essere, ad esempio, la pulizia e la freschezza); in secondo luogo, la creazione di un “point of purchase” (spesso descritto con il suo acronimo p.o.p.), ovvero tutti quegli espositori o display che vanno a creare il background di un prodotto, permettendogli di trasmettere al cliente un vero e proprio storytelling.
Inoltre, il visual merchandiser dovrà essere in grado di sfruttare al meglio le proprietà grafiche del packaging di ciò che deve gestire, sia essa la confezione di un prodotto quanto – ad esempio – l’etichetta di un vino o di una bibita. Tutti questi accorgimenti rendono più che evidente l’importanza di una professione come il visual merchandiser, e soprattutto dell’impatto che può avere in un settore complesso come quello della Grande Distribuzione Organizzata.