Nonostante la sconfinata vastità di un argomento come il marketing e la sua costante evoluzione nel corso degli anni, esistono delle strategie e dei modelli consolidati che sembrano restare validi nonostante il corso del tempo. Uno di questi è senza dubbio la formula conosciuta con l’acronimo di AIDA (dall’inglese Attention, Interest, Desire e Action): quattro lettere per identificare altrettanti elementi imprescindibili in ogni campagna pubblicitaria che si rispetti.

Sebbene il processo di decisione e acquisto di ogni cliente sia molto complesso e suscettibile a infinite variabili, questi quattro aspetti rimangono in assoluto più importanti nella buona riuscita di un’azione di marketing. Si tratta di un modello teorico in grado di attirare l’attenzione di un determinato pubblico, generando così quell’interesse che sfocia in desiderio; se volete saperne di più su questa formula e su come funziona, non vi resta che continuare a leggere.

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Come nasce e quando è stato inventato il modello AIDA

Quando ci riferiamo al modello AIDA come a qualcosa di efficace e consolidato, lo facciamo sulla base delle sue origini; questo acronimo è stato infatti ideato addirittura nel 1898 da uno dei grandi pionieri del marketing nonché massimo esperto di vendite: Elias St. Elmo Lewis. Egli teorizzò questi concetti nel contesto di una sua pubblicazione, nella quale affermava che la mission principale di un pubblicitario risiede proprio nella capacità di attrazione e coinvolgimento della propria utenza.

Lewis asseriva che dietro a ogni pubblicità ci fosse una scienza ben precisa da seguire; i concetti espressi in questo testo seminale vennero poi ripresi nei primi anni del Novecento da A.F. Sheldon, che contribuì aggiungendo all’equazione un ulteriore elemento: la cosiddetta permanent satisfaction. Negli anni ‘20, infine, il modello AIDA venne ulteriormente rafforzato dagli studi e dalle ricerche del professore di psicologia Edward Kellogg Strong, raccolte in seguito nel seminale saggio The Psychology of Selling and Advertising del 1925.

Si tratta di una formula la cui validità è testimoniata da oltre un secolo di storia e che parte da un semplice presupposto: la comunicazione di un brand, per essere davvero efficace, dovrà necessariamente puntare verso degli obiettivi precisi che rispondono proprio ai quattro elementi isolati da Lewis. Un vero e proprio percorso ad imbuto (che per comodità definiremo d’ora in poi con il termine inglese funnel) attraverso il quale un consumatore dovrà essere accompagnato per mano.

Quali parole compongono l’acronimo AIDA?

Come abbiamo già precisato in apertura, AIDA è l’acronimo dei termini inglesi Attention, Interest, Desire e Action. Per convertirlo in italiano non sono necessarie modifiche al termine: possiamo infatti tradurle con le parole Attenzione, Interesse, Desiderio e Azione. È facile capire che il primo passaggio consiste nell’attrarre l’attenzione della clientela, una sorta di richiamo che si può tradurre nei modi più creativi: un colore brillante, un banner particolarmente vistoso o qualsiasi cosa che contribuisca a far convergere uno sguardo.

Il secondo passaggio in questo percorso a imbuto consiste dunque nell’interesse. Nel momento in cui abbiamo catturato l’attenzione del consumatore, il pubblicitario dovrà fare attenzione a non vanificare lo sforzo precedente e cercando di coinvolgere il cliente. Più facile a dirsi che a farsi, certo, ma anche in questo caso ci sono delle regole specifiche: sarà fondamentale informare il potenziale acquirente sui punti di forza del nostro prodotto, con informazioni chiare, concise e il più dirette possibile.

Abbiamo così attirato l’attenzione e conquistato l’interesse del consumatore, oltrepassando la boa che segnala la metà del nostro percorso: è il momento di far scaturire in lui il desiderio di acquistare il prodotto che stiamo pubblicizzando, esaltandone gli aspetti positivi e i vantaggi. Questo è certamente il passaggio più critico all’interno del nostro funnel e dovremo dare sfoggio di tutte le qualità e i punti di forza del nostro brand per evitare che l’intento d’acquisto del cliente si rivolga verso i prodotti dei competitor.

Applicare una strategia di marketing AIDA nella GDO

Nel momento in cui viene superato il delicato momento del desiderio, si arriva al termine del nostro funnel e quindi alla messa in atto del modello AIDA: l’azione, ovvero la possibilità d’acquisto, solitamente espressa sotto forma di call to action. Questo ultimo step può avvenire nei modi più svariati: i più comuni si manifestano sotto forma di promozione temporanea (uno sconto del 20% se il prodotto viene acquistato entro una determinata data) ma l’unico limite giunti a questo punto sarà l’inventiva del marketer.

Risulta dunque chiaro che l’AIDA è un modello di fondamentale importanza nel campo delle vendite, sia per quanto riguarda il digital marketing che per quanto concerne l’ambito della Grande Distribuzione Organizzata; anzi, l’AIDA riesce ad unire due mondi all’apparenza così distanti come l’e-commerce e i retail store, permettendo a questi ultimi di sfruttare le più moderne campagne di marketing digitale al fine di creare un funnel e di innescare così quel processo che porta infine all’acquisto del prodotto in un negozio fisico.

Per applicare un modello AIDA e di conseguenza creare un funnel, attirando e canalizzando il cliente, si ricorrre generalmente a una serie di discipline che si riuniscono sotto alla definizione di Inbound Marketing. Per attuare questo genere di strategia sarà necessario dialogare con una precisa fetta di pubblico, andando a individuare la nostra buyer persona. Così facendo si riuscirà a generare dei clienti (lead generation) in maniera mirata, risparmiando tempo e risorse: una scienza ben precisa, proprio come asseriva Lewis oltre un secolo fa.