Qual è la miglior strategia per aumentare le vendite? Per quanto possa sembrare banale, la via più conveniente e vantaggiosa è quella di conoscere le vendite stesse e farne tesoro, grazie ai dati di sell out (per esempio utilizzando la Business Intelligence). Cavalcare le tendenze rilevando in tempo reale l’andamento degli acquisti da parte dei consumatori e monitorare il mercato è una tecnica fondamentale per incrementare il successo del proprio brand: nelle righe a venire andremo a scoprire assieme che cosa si intende quando si parla di elaborazione e di analisi dei dati di sell out, oltre ad elencare i singoli obiettivi che una tale strategia dovrebbe idealmente perseguire.

Che cosa si intende per dati di sell out?

Con il termine sell out ci si riferisce a quell’insieme di attività e di strumenti che vanno a finalizzare la vendita di un prodotto al consumatore. Ipotizziamo ad esempio che il buyer di un retail store acquisti un migliaio di cravatte a tema natalizio: solo una volta passato il periodo delle festività si potrà definire se il quantitativo era eccessivo oppure in difetto; o per essere ancora più chiari, poniamo l’eventualità che l’acquisto sia stato effettuato in pieno agosto: se così fosse, sarebbe praticamente inutile. Certo si tratta di un esempio banale e portato all’estremo, ma rende ben evidente il concetto: ottimizzando la collaborazione fra il brand ed il venditore all’ingrosso si può ottenere un risultato vincente per entrambi; l’analisi dei dati di vendita e delle rimanenze consente di gestire al meglio il fattore replenishment e di diminuire il rischio di esaurimento, o addirittura di trasferire il prodotto da un punto vendita all’altro per soddisfare la richiesta ove questa risulti maggiore. L’analisi del sell out consente dunque di ottimalizzare i flussi di merce riducendo il reso e di razionalizzare le meccaniche del wholesale, il quale vedrà così massimizzate le sue condizioni di vendita.

Gli obiettivi del sell out come strategia commerciale

La strategia di sell out vede le sue fondamenta nella sollecitazione all’acquisto del prodotto da parte del consumatore e comprende tutte le azioni che vanno a condizionare il comportamento del cliente non solo rispetto alla natura del bene ma anche per quanto riguarda la sua quantità o la tempistica dell’acquisto stesso. Sono tre i punti fondamentali della strategia che andremo ad analizzare assieme: il primo acquisto, l’acquisto d’impulso e la reiterazione dell’acquisto. Nel primo caso, altresì denominato “trial”, si cerca di spingere il cliente all’acquisto rivedendo il prezzo al ribasso o spingendo sul pedale dell’aggressività in con i mezzi pubblicitari a disposizione; è nondimeno possibile capitalizzare sulla qualità e sulle capacità degli addetti alla vendita per conseguire il fine. Il secondo punto è l’acquisto di impulso, tecnicamente conosciuto tramite l’anglicismo “impulse buying”: anche in questo caso l’abbattimento del prezzo di vendita gioca un ruolo determinante nell’innescare la scintilla che porta all’acquisto, ma si tratta solo della soluzione più scontata; l’espediente ideale consiste in una promozione aggressiva, che faccia leva su un packaging accattivante, sulla possibilità di provare e toccare con mano, oppure – più generalmente – di offrire al cliente una determinata esperienza sensoriale (fondamentali, a tal proposito, le tecniche di visual merchandise). Anche le promozioni in-store possono giocare un ruolo chiave. È altresì possibile organizzare operazioni a premio, concorsi, allegare gadget e campioni omaggio oppure agire direttamente sulle meccaniche di store traffic. Il terzo punto è forse il più importante in quanto punta direttamente alla fidelizzazione del cliente, determinando ciò che si definisce “reiterazione dell’acquisto”: per garantirla sarà cruciale offrire al consumatore un’adeguata assistenza, comunicando così in maniera concreta l’affidabilità e la qualità del brand e dei suoi prodotti; si sviluppa così il concetto di “brand loyalty”, per quanto riguarda la marca, oppure di “store loyalty” per quel che concerne il singolo retail store.

La vendita sostenibile: bilanciare fatturati e resi grazie ai dati di sell out

Se c’è qualcosa che non mente mai, questo qualcosa sono proprio i numeri. Analizzare la storia e l’andamento della store performance è un punto di assoluta importanza per bilanciare resi e fatturato, oltre che ovviamente per prendere delle decisioni che portino a profitti concreti. Come ottenere questi dati, quindi? Il modo più semplice è quello di adottare un apposito software di analisi, possibilmente con un’interfaccia semplice e leggibile. E quali sono i dati che ci occorrono maggiormente? Andiamo a vederlo per sommi capi e con rapidi esempi, riducendo il discorso a tre semplici punti chiave. Il primo potrebbe essere il calcolo delle vendite al metro quadro, un dato che restituisce un chiaro indicatore di efficenza: sulla base dei risultati ottenuti si può agire in modo tale da migliorare strategicamente il layout del nostro punto vendita, spostando in primo piano i prodotti che risultano di maggiore interesse agli occhi del consumatore; inoltre, sulla base dei dati, si può intuire di quali articoli è bene fare più (o meno) magazzino, risparmiando successivamente sui resi. Un altro degli indicatori più importanti per un retailer è il tasso di conversione, ovvero quel parametro che determina la percentuale di clientela che effettua un acquisto una volta entrata in un negozio: si può generalmente dedurre dal numero totale di persone che si introduce nella vostra area commerciale in un determinato periodo della giornata (il cosiddetto “footfall”) unito al numero degli scontrini emessi nello stesso lasso di tempo. Il tasso di conversione è vitale, in quanto risponde a una domanda semplice ma molto meno banale di quanto sembri: se le vendite non incrementano, è per via del fatto che nessuno entra nel mio negozio oppure perchè coloro che entrano non effettuano alcun acquisto? Le decisioni migliori per il proprio punto vendita passano dunque inevitabilmente attraverso l’analisi del trend del convertion rate, rapportando le cifre delle vendite a quelle relative agli entranti nel corso della giornata: il tasso è costante lungo l’intero orario d’apertura? Oppure vi sono degli evidenti picchi in determinati momenti della giornata? Sono dettagli fondamentali che aiutano a riflettere sulle manovre più urgenti da attuare, anche per valutare la necessità di ulteriore personale: è chiaro che se nel fine settimana si registra un picco di entranti che non corrisponde a un proporzionale aumento delle vendite, allora in quei giorni sarà probabilmente necessario un venditore o un membro dello staff in più a presidiare il punto vendita. E’ altrettanto evidente che se ad un costante flusso di clienti non viene registrato un soddisfacente volume di vendita, allora bisognerà adoperarsi per migliorare il più possibile la customer experience.

Il sell out e la sua centralità nel concetto di marketing

Oggi come oggi, dal marketing possono dipendere i volumi di vendita di ogni tipo di azienda. Era Philip Kotler in persona, il padre del marketing moderno, ad affermare che “le aziende prestano troppa attenzione a quanto costa fare certe cose, quando invece dovrebbero preoccuparsi di più di quanto costa non farle”. Per quanto riguarda le strategie di sell out aveva indubbiamente ragione, alla luce di quanto detto finora: specialmente in un contesto nel quale l’online e i giganti dell’e-commerce proliferano, diventa fondamentale operare sui dati e cercare di leggerli con intelligenza e lungimiranza, per offrire una shopping experience che il consumatore possa percepire anzitutto come una vera e propria opportunità.